venerdì 23 agosto 2019

Anoressia

Sono anoressica.
Lo sono sempre stata.
Lo ero quando andavo alle elementari, alta e magra come un chiodo.
Lo ero quando da adolescente mi muovevo in uno scafandro di ciccia.
Ho continuato ad esserlo, sia quando ero pesoforma, sia quando sei anni fa ingrassai nuovamente, sia quando due anni fa sono arrivata a pesare 39 chili.
E lo sono ora, che peso 51 chilogrammi ma dei miei muscoli non è rimasto nulla e le mie forme sono tutte grasso e cellulite.
Mi guardo allo specchio e provo orrore di me.
Ma sono onesta, sono anoressica. Mangio normalmente ma questo non vuol dire un cazzo, perché dentro io penso da anoressica.
Questa è una malattia che si annida nel cervello, nei pensieri, nell'anima. Impari a conviverci, a contrastarla, ma non la cancelli. Non puoi curarla.

Stanotte non riesco a dormire.
Insonnia. Altra piaga della mia vita.
 Mi sono messa a scorrere instagram sperando di farmi venire sonno, mentre ascolto il suo respiro pacato che scorre nell'aria.
Lui è bello come un angelo, e ogni volta che lo guardo io mi sento sempre più un grumo di schifo scatarrato rimasto incollato a un muro.
Sono incappata nelle foto di questa ragazza goth.
Bellissima.
Un corpo mozzafiato. Vitino di vespa, le forme giuste, longilinea, senza un filo di grasso. Serica dalla testa ai piedi.
Vorrei essere come lei.
Vorrei non essere come me, con questo corpo che porta lo sfascio dei disordini alimentari. Le carni flosce e vuote della magrezza estrema, e le butterature dell'obesità.
Che mix di merda.

Mi sono ritrovata a cercare "voglio essere magrissima" su google. Ho trovato il blog di una bulimica. Il suo diario alimentare estremo, la sua tenacia nel voler dissolvere se stessa.
Il suo rapporto col cibo ha avuto un incidente, dice descrivendosi in un post in cui ha già preso consapevolezza che il suo è un problema.
È così. Quelli come noi hanno avuto un incidente che ha reso il rapporto col cibo qualcosa di malsano.
Mi sono domandata quando questo incidente sia accaduto a me.
La verità è che non c'è quel momento. Io sono sempre stata così.

Ricordo che sin da piccola pensavo che sedersi a tavola e mangiare fosse tempo perso, tempo rubato a cose più importanti.
Forse erano già i primi sintomi della cronofobia.
Mia madre le inventava tutte per farmi mangiare. Giochi, sotterfugi, minacce.
Io niente.
I piatti erano troppo grandi, dopo qualche minuto ne avevo abbastanza, mi scocciava restare seduta a masticare fino a slogarmi la mandibola.
Da adolescente divenni malata di cioccolato.
Mia madre sfruttava questo desiderio compulsivo per farmi ingurgitare l'impossibile, concedendomi la cioccolata solo dopo una lunga lista di tediosi pasti e spuntini e contrspuntini.
Un solo minuscolo pezzettino, che lasciava in bocca il sapore amaro della delusione.
Ma io per quel singolo pezzettino avrei mangiato anche chili di merda.
Divenni obesa.
Mi odiavo. E odiavo mia madre che continuava a controllare il mio cibo, a ricattarmi per quel singolo pezzettino di cioccolato.
La accusavo della mia obesità. Mi accusavo per la mia debolezza, perché non riuscivo a non mangiare.

Poi ce l'ho fatta, a non mangiare.
Le tragedie della vita sono riuscite lì dove la mia volontà falliva.
L'ultima volta, ho vissuto di sorbetto alla fragola per un anno intero.
Era facile.
Uscivo di casa digiuna alle sette del mattino per andare a lezione, saltavo il pranzo per correre a lavoro, lì, dietro il banco, divoravo chili di gelato un cucchiaino alla volta, fino alla chiusura. A casa ero troppo stanca per mangiare.
Il giorno dopo ricominciavo.
Quando pesavo 39 chili ero orribile. Avevo tutte le ossa da fuori, mi era scomparso del tutto il seno, ma finalmente io mi guardavo allo specchio e mi piacevo.
Sentivo di avere controllo sulla mia vita, in un periodo in cui tutto era fuori controllo, la magrezza era un punto fisso, che mi rassicurava.

Mi sono curata col raziocinio. Ho razionato il cibo al rovescio, aggiungendo invece di togliere, ho ascoltato i sintomi del mio corpo (la fame, la sete, la stanchezza) e ho reagito al contrario di come avrei voluto.
In fin dei conti è stato facile. Fingere di guarire.

Perché lei è qui, accanto a me, che mi bisbiglia quanto faccio schifo ogni volta che mangio, che mi fa sentire senza controllo se prendo un boccone in più, che mi ricorda quanto sia importante controllare la vita attraverso la privazione del cibo, superando il bisogno con la volontà.
Lei è qui, e in notti come questa prende il sopravvento.
So come contenerla, come arginarla, come mantenere una parvenza di normalità e salvarmi la salute fisica. Ma mentalmente è logorante.
E in notti come questa vorrei lasciar andare.
Sì, cara, fai il cazzo che ti pare. Illudimi di avere il controllo controllandomi, farò come dici, perché la tua voce petulante mi causa un'emicrania cronica e io sono stanca. Schifo per schifo, almeno mi faccio schifo in un modo che ti fa star zitta, e almeno una di noi due è contenta.

Mi domando perché questa necessità di azzerare il nutrimento.
In psicologia dicono sia un rifiuto della figura materna.
Io credo che nel mio caso sia più banale.
Per quanto io faccia, i miei genitori mi hanno sempre definita un peso.
Non mangiare significa non consumare il loro cibo, quindi non pesare sul bilancio familiare.
Dopotutto, i miei non hanno mai fatto una piega quando ero tutta ossa e capelli. Anzi, mamma trovava addirittura che fossi perfetta. Papà si lamentava solo che non si pranzasse tutti assieme, probabilmente se mi fossi seduta a tavola senza voler mangiare non avrebbe avuto da obiettare, l'importante era essere presente.
Non mangiare significa anche diventare magri, più leggeri, e quindi non pesare. Non avere peso, non essere un peso.

Adesso mi domando perché dopo tanto tempo in cui credevo di avere imparato a tenere questa stronza sotto controllo, stia venendo tutto su con una potenza mostruosa.
Non conosco la risposta, e questo mi spaventa.
E mi spaventa il desiderio di essere diafana e trasparente, perché non l'avevo mai desiderato.
Anche quando ho avuto l'attacco peggiore, ricordo che non desideravo essere magrissima, mi ci sono ritrovata, e ho capito che dovevo cambiare direzione quando ho scoperto che quella magrezza malsana mi piaceva. Ma non era partito nulla dalla magrezza.
Ora sì. Parto da dove mi ero fermata.
Praticamente questi due anni non sono serviti a nulla.
E con la testa lo so che è tutto sbagliato.
Ma quanto desidero essere serica dalla testa ai piedi come quella ragazza.
Quanto desidero non sentirmi più un cesso a pedali col corpo che si sfalda in rotolini e cellulite.
Quanto desidero indossare un minidress senza il timore di sentirmi inadeguata quando cammino accanto a lui.

No.
Non smetterò di mangiare. Non la lascerò vincere.
Vorrei soltanto una bacchetta magica per farla svanire, e godermi finalmente la quiete.


1 commento:

  1. Ciao! Credo che queste parole aiutino molto a far capire a chi non soffre di questo disturbo quanto profondo esso sia e di come non si racchiuda nel "le ragazze vogliono essere magre a causa delle modelle". Io stessa non ho questo problema, nonostante mia madre continui a dermi che "diventerò anoressica", come se lo sia solo chi è pelle ed ossa. Sei per caso di articoli che parlano di questo disturbo o libri, in maniera scientifica e psicologica? Grazie per questo articolo :)

    RispondiElimina

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.