lunedì 18 maggio 2020

Origine de Il Cerchio di Atlantide - Attraverso lo Specchio

La magia è un fuoco freddo che brucia dentro e ti consuma.



Senza troppi giochi di parole, è questo il fulcro attorno a cui ruota tutta la mia saga intitolata Il Cerchio di Atlantide.
Bisogna essere davvero prolissi per aver bisogno di progettare e strutturare più di dieci volumi, impelagarsi nella costruzione di un intero mondo con la sua storia, la sua mitologia, il suo ordine politico e sociale, semplicemente per raccontare quello che, come potete vedere, si riassume in una sola riga.
E io sì, sono molto, molto prolissa.
Il Cerchio di Atlantide è il mio primo progetto scritto. Era iniziato quasi per gioco, una serie di appunti scribacchiati senza troppa continuità su un vecchio quaderno dalla copertina a fiori quando avevo poco meno di dodici anni.
Nella mia ottica infantile, erano appunti per la realizzazione di una serie animata, non avevo ancora idea che da lì, da quel piccolo quaderno a fiori, sarebbe scaturita la passione di tutta una vita.
A quei tempi non c'era ancora, Atlantide.
La protagonista si muoveva traballante in un mondo nebuloso che attingeva elementi casuali dal folklore con cui ero cresciuta: mitologia greco-romana e qualche stralcio distorto della mitologia giapponese che mi colpiva dalle mie visioni degli anime.
E non c'era nemmeno una saga. C'erano soltanto idee casuali, dove i personaggi emergevano da un brodo primordiale in completa, caotica autonomia.
Lavorai con accanimento per diversi mesi, in cui accumulai una buona quantità di idee e materiali, ma poi divenni consapevole dei miei limiti: quella storia non sarebbe mai potuta diventare una serie animata, e io volevo vedere la mia protagonista in movimento. Per cui alla fine, delusa, mollai tutto.

Poi, una notte, feci un sogno.
Camminavo lungo un'ampia strada lastricata di pietre bianche che si snodava tra case e torri riccamente cesellate, anch'esse bianche, prati di un verde abbacinante accarezzati da un vento torrido dal profumo salmastro.
Il silenzio distendeva lunghe dita sulla vasta piana, persino i miei passi mi giungevano ovattati.
Sapevo dove ero diretta: al centro della città, che sapevo essere costituita di anelli concentrici. Da dove ero potevo vedere la sontuosa cittadella con elenganti guglie di vetro e eleganti intarsi di pietra bianca, e lì, nel centro esatto della città, si ergeva quello che era chiamato il tempio delle grandi creature.
Il resto del sogno divenne piuttosto sfocato già al mio risveglio, ma sommariamente ricordo di essere arrivata al tempio e di aver incontrato queste "grandi creature", traslucidi fantasmi di donne di un'epoca dimenticata, che mi raccontarono la loro vita.

Ben presto il sogno divenne ricorrente, quasi ossessivo, e così iniziai a cercare tracce di una città simile a quella che vedevo nel sogno, sentivo che c'era un significato a tutto questo. Non era ancora l'epoca di internet, reperire informazioni era piuttosto difficile, ma riuscii a trovare qualcosa:
Atlantide, la città perduta raccontata da Platone. Una città composta di cerchi concentrici.
Fu così che quella storia scritta quasi per caso e poi abbandonata trovò la sua collocazione, il suo scopo.
Non avevo mai sentito parlare di Atlantide prima, ma quando la trovai, divenne un'ossessione. Negli anni ho accumulato decine di libri sull'argomento, divorato ore e ore di documentari, annotando tutto ciò che mi sembrava interessante o utile, dagli studi più pragmatici alle teorie più strampalate.

Non starò qui a fare la guru, l'autoproclamata profeta di una nuova era, dicendo che le storie della saga sono in realtà le biografie delle grandi donne di Atlantide. Si tratta di storie di fantasia, "farina del mio sacco" come si suol dire, non hanno alcun senso mistico o profetico. Ma non posso negare l'impatto che ha avuto quel sogno dai toni sciamanici su di me e sulla mia scrittura. Perché effettivamente possiamo dire che Il Cerchio di Atlantide nasce da lì, da quella passeggiata onirica su quella strada di ciottoli bianchi in una città vuota avvolta nel silenzio, una città fantasma che splendeva al sole come un diamante.
Il suo ricordo, come un'eclissi impressa sul fondo degli occhi, è stato lo scheletro su cui ho deciso di raccontare di una società matriarcale, dedita all'armonia tra le specie e a custodire l'equilibrio di una natura benevola e generosa, fautrice di grandiose magie, ma non per questo scevra da eventi terribili e devastanti, conflitti personali e politici, intrighi e vendette. La grandezza e l'orrore di una società giunta ai picchi più elevati della civiltà, e poi collassata sotto il peso della sua stessa grandezza.

L'immensa potenza del popolo di Atlantide è la capacità di dominare gli elementi, di comprenderne il linguaggio in modi che noi possiamo a stento immaginare, ma come tutto nella vita ha un suo prezzo, questa conoscenza straordinaria ha un prezzo elevatissimo, che non è la propria vita, ma la propria individualità.
Più elevato è il rango cui si assurge, più l'identità viene mutilata in nome di un bene superiore e collettivo. Essere la Signora della Luce, nella mia Atlantide, significa detenere poteri illimitati, e in nome di questo compiere il più grande dei sacrifici: l'abnegazione assoluta del sé. Vivere per l'isola di Atlantide, o meglio, diventare la personificazione dell'isola stessa.
Il Cerchio di Atlantide è diventata così la biografia fantasiosa di undici grandi donne vissute sull'isola perduta, le undici donne cui è stato richiesto il prezzo più elevato immaginabile per sostenere l'equilibrio cosmico e garantire la prosperità del paese. Subire la morte simbolica del loro essere come singoli, per favorire la felicità di una moltitudine di sconosciuti.

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