Vi invito a leggere queste parole come un passatempo, a leggerle con un po' di cinismo e ironia.
Il
silenzio è spesso, pesante. Sacrale.
Oltre
i vetri chiusi delle case, nessuno.
Le strade sono fiumi di cemento che non portano più da nessuna parte. Sono deserte.
Le strade sono fiumi di cemento che non portano più da nessuna parte. Sono deserte.
C'è soltanto
il vento, che sta diventando freddo. Porta con sé nuvole che minacciano
pioggia.
Lui, col suo passo sibilante, spettina i germogli di una primavera che non guarderà nessuno. La primavera solitaria dell'Apocalisse.
Eppure, quel flebile mormorio di foglie nuove rompe il senso di irreale immobilità. Non è un istante cristallizzato. Il tempo continua a scorrere.
Lui, col suo passo sibilante, spettina i germogli di una primavera che non guarderà nessuno. La primavera solitaria dell'Apocalisse.
Eppure, quel flebile mormorio di foglie nuove rompe il senso di irreale immobilità. Non è un istante cristallizzato. Il tempo continua a scorrere.
Il
tempo.
Questo
sconosciuto.
Questo
tiranno.
Questo
nemico.
Questo
immenso, imperdibile dono, che è il tempo. Ci avete mai pensato?
Quando
veniamo al mondo abbiamo una sola certezza, e quella certezza è che un giorno,
che ci piaccia o no, moriremo.
E la
morte, quest’unica certezza perennemente annidata nei nostri respiri, porta con
sé una conseguenza a cui forse molti di voi non hanno ancora fatto caso. Io ci
riflettevo già da un po’.
Morire
significa che non abbiamo a disposizione l’eternità. Morire significa che il
tempo di cui siamo padroni è limitato.
Il
tempo è un treno che corre precipitosamente verso il futuro e ci trascina con
sé, che lo vogliamo o meno.
Non
possiamo fermarlo, non possiamo riavvolgerlo. Una volta che un istante è
trascorso, è perduto per sempre.
L’unico
modo per salvare il tempo è fissarlo nella memoria. L’unico modo per non
sprecarlo è spenderlo al meglio.
Esatto,
spenderlo. Perché era il tempo, e non il denaro, la nostra vera unica risorsa di
vita.
Ci
eravamo abituati, nel mondo di prima – quello prima dell’Apocalisse silenziosa,
lo avete presente? Traffico, orari di lavoro impossibili, mezzi pubblici che
non arrivano mai, troppe cose da fare e zero tempo per farle tutte. Il caos – a
sperperare il nostro tempo all’inseguimento di un canone di sopravvivenza che
metteva il denaro al centro di tutto.
Il
denaro, in quel mondo di prima che sembra così lontano, a tratti irreale, era il mezzo che ci permetteva di acquistare tutto quello che
ci serviva. E anche quello che non ci serviva, ma che volevamo comunque.
Ma
come ottenevamo il denaro?
Lo
compravamo.
E la
moneta per acquistare il denaro era il nostro tempo.
Nella
società prima dell’Apocalisse la paga oraria di un lavoratore, si diceva, era
stabilita su una media di produttività lavorativa. Corrispondeva, ossia, al
compenso che spettava al lavoratore in base alla sua capacità di produrre beni
e servizi in un determinato lasso di tempo. Ma la verità è che non ricevevamo
soldi in cambio di produttività. Ricevevamo soldi in cambio del nostro tempo,
che davamo via e non era più recuperabile.
Quanto
tempo abbiamo sprecato in lavori odiosi, proiettando nel futuro il giorno in
cui avremmo potuto fermarci a godere delle nostre fatiche?
Quando
avrò abbastanza soldi potrò, farò, andrò... ma quando?
Quando
i soldi sarebbero mai stati abbastanza?
In
questa Apocalisse, invece, tutto il tempo che spendevamo per il denaro ci è
caduto addosso.
Dilatato.
Di
colpo, ci ritroviamo ad averne troppo. E a non ricordare più in che modo
usarlo.
La
noia assale l’uomo costretto all’immobilità.
Una
noia claustrofobica, soffocante, più letale della morte stessa.
In
un’Apocalisse con gli zombie, il denaro avrebbe del tutto perso il proprio
valore, la vita – e quindi il tempo che abbiamo a disposizione per vivere –
sarebbe diventata l’unica vera risorsa utile.
In
questa Apocalisse strana e silente, invece, il denaro non ha ancora perso il
suo valore, e questo rende pesante e insopportabile l’immobilità, e tutto il
tempo che abbiamo a disposizione.
E
senza accorgerne stiamo continuando a sprecare la nostra unica vera risorsa.
Continuiamo
a pensare: quando sarà finita potrò, farò, andrò.
E se
nel frattempo, mentre continuiamo a procrastinare, il nostro tempo finisse?
La
morte forse ci sta spiando proprio in questo momento. Soppesa la falce. Pronta
a calarla sul nostro collo da un momento all’altro.
Passo
e chiudo.
Alla
prossima...
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