domenica 3 maggio 2020

La guerra dei grandi tumuli (Mara Fontana) - Recensioni Indie



Questo è il primo volume di una saga che attualmente conta quattro titoli editi e dovrebbe concludere il suo arco narrativo in nove volumi complessivi.
Come ogni buon fantasy che si rispetti, La guerra dei grandi tumuli è un libro "mattone" che vanta più di 600 pagine, ma vi garantisco che filano via che è una bellezza. Alla mia prima lettura, il libro mi ha impegnata meno di dieci ore spalmate su due pomeriggi. E questo perché è davvero difficile riuscire a staccarsi dagli eventi che vengono raccontati, e quando finisce resta in bocca il sapore nostalgico del nostro dolce preferito, che sembra sempre finire troppo presto.


La storia


La guerra dei grandi tumuli è un mix perfetto tra fantasy classico e narrativa originale. Abbiamo un mondo con trascorsi, cultura e abitudini diverse dal nostro quotidiano, regioni fiabesche e ben caratterizzate, eventi e realtà straordinarie, tipico substrato della narrativa fantastica; ma queste fondamenta non lo rendono affatto una storia scontata. I pilastri su cui si fonda il fantasy qui vengono rimescolati e lavorati fino ad ottenere una ricetta del tutto originale.
In questo primo volume seguiamo la formazione di Ethain, la protagonista, e sua cugina Maeva, presso la Cittadella dell'ordine delle Kore a Eurgain. L'ordine delle Kore è l'ago della bilancia dell'equilibrio dell'intera Nuova Galatia, che si divide tra la fertile Terra del Grano, la bellicosa Rhoslandia, le distese innevate della Terra del Nord, la Panotia e il bosco del Nemeton (dominio dei maghi). Detentrici di immense conoscenze, le Kore accettano solo poche elette presso la cittadella, e queste, alla fine dei cinque lunghi anni di apprendistato, possono scegliere di proporsi per restare e divenire Kore a loro volta.
Ma la vita sulla cittadella non è facile. Si vive seguendo i cicli della luna, astro cui l'ordine è devoto, e vigono rigore e disciplina. Occorrono impegno e determinazione per diventare Kore, e tutti si aspettano molto da Ethain, soprattutto il padre, il severo e freddo generale di Quert.
Non scendo in ulteriori dettagli per evitarvi spoiler, vi dico soltanto che la piccola Ethain riserva molte sorprese, che non ci fermeremo soltanto a contemplare la luna dalla cittadella. Parteciperemo alle adunate del mattino dell'esercito di Quert, e cavalcheremo con i suoi soldati verso i campi di battaglia, quando la Terra del Grano verrà attaccata per la conquista dei tre Grandi Tumuli, uno dei più importati luoghi sacri dell'isola.
Non soltanto guerre e disciplina, però, perché La guerra dei grandi tumuli racconta l'amicizia che lega profondamente due cugine, l'amore/odio di una figlia che si sente perennemente rifiutata dal padre, le burrasche di un amore pieno di incomprensioni, lo spirito di sacrificio e il coraggio davanti alla lotta all'ultimo sangue, e un grande, intricato mistero magico.
Il tutto gestito con accurato equilibrio e senza mai finire col diventare soltanto un banale pretesto per portare avanti la trama.

I personaggi


Loro, i personaggi, sono il vero punto forte di questa storia. La loro costruzione è tridimensionale, coerente e multisfaccettata, e anche quando all'apparenza sembrano avere atteggiamenti incoerenti, procedendo con la lettura state certi che tutto verrà chiarito, e che quell'incoerenza acquisterà il suo significato.
Sono realistici, e in ciascuno di loro potremo riconoscere qualcuno che abbiamo incontrato nella vita reale.
Non abbiamo buoni e cattivi, ciascun personaggio è composto da una scala di grigi ricca e poliedrica. Pregi, difetti, temperamento ed esperienza di vita ne influenzano il comportamento in modo profondamente realistico.
Non abbiamo il classico eroe senza macchia e senza paura, né l'eroe riluttante ma moralmente ineccepibile che siamo abituati a trovare in questo tipo di letture. Qui, l'eroina è una ragazzina, e se qualcuno sta già storcendo il naso, lasciatemi dire che questa ragazzina è tutt'altro rispetto alle tipiche fanciulle fiabesche che siamo abituate a incontrare in questo genere di libri. Ethain è una piantagrane, è volitiva, irascibile, è fragile e inarrendevole, è geniale, ma sa essere anche enormemente ottusa. L'amerete, cadendo sotto l'incantesimo del suo fascino, ma vi verrà tante volte voglia di prenderla a schiaffi, di urlarle addosso, proverete ansia e preoccupazione quando le vedrete fare la scelta sbagliata, usare modi sgarbati che la mettono nei guai, dire quella parola di troppo che manda tutto alle ortiche. Ma le perdonerete tutto, perché Ethain è un'adolescente, e qualsiasi sia stata la vostra adolescenza, vi ci riconoscerete e riuscirete a comprendere le emozioni che la animano.
E con lei, tutti i personaggi che abitano questa storia hanno caratteristiche peculiari che li rendono unici e veri. Non solo i molti personaggi principali, ma anche quelli secondari, financo le comparse, sono costruiti con estrema attenzione e credibilità. Anche quando un personaggio sembra incarnare un cliché narrativo, leggendone scoprirete che quella è solo la patina esterna, ma che sotto la pelle scorre tutto un mondo di esperienze, desideri, paure, per cui tutti i personaggi, dal primo all'ultimo, contribuiscono a dare un senso di veridicità alla storia, dandovi quasi la sensazione di poter alzare gli occhi dal libro e incontrarli nella vita di tutti i giorni.

Lo stile


Apprezzo molto la penna di Mara, è spigliata, fluida, capace di descrivere questo mondo partorito dalla sua fantasia con precisione e poesia, senza però risultare ridondante e senza causare noiose battute d'arresto nella narrazione. Leggendo, il mondo prende vita e vi avvolge stimolando tutti e cinque i sensi.
Ovviamente, trattandosi del libro d'esordio dell'autrice, e trattandosi di un titolo autoprodotto, a cui è mancato il lavoro di un professionista in ambito editoriale, presenta delle piccole asperità, ma è del tutto scevro da refusi grammaticali e presenta un'ottima padronanza dell'uso dei sinonimi e contrari (elementi da non sottovalutare, in titoli autoprodotti, e prova del talento dell'autrice). Unica nota stonata, a mio parere, è la scelta dei point of view. In quasi tutto il romanzo seguiamo la storia raccontata dalla prospettiva di Ethain, con alcuni passaggi raccontati dal punto di vista di altri personaggi. Questi passaggi da Ethain ad altri personaggi, però, avvengono in modo un po' impreciso, abbiamo quindi qualche paragrafo dalla prospettiva di Maeva, o di Rodric, in mezzo a un capitolo interamente dalla prospettiva di Ethain; oppure interi capitoli dalla prospettiva di Geneid a metà del volume, che a mio parere spezzano l'incanto della storia. Non perché sbagliati, ma perché ormai ci siamo affezionati ad Ethain e agli altri personaggi, e Geneid, che in questo volume non ha alcun contatto con gli altri personaggi che conosciamo già, sembra quasi una presenza stonata (vi garantisco che a livello narrativo non lo è affatto, i suoi capitoli hanno senso nell'ordine della storia).
Comprendo però la necessità di seguire la cronologia degli eventi, e vi anticipo già che nei libri successivi questo elemento viene gestito molto meglio.

Il ritmo


Questo elemento è uno dei tanti che ho fortemente apprezzato in questa storia. I tempi che la narrazione si prende per raccontare gli eventi seguono l'evoluzione psicologica della protagonista e mutano con essa.
Per questo motivo i primi capitoli, che ci raccontano di una Ethain dodicenne, hanno un ritmo placido, sereno, e si dipanano con la serenità e il piacere della scoperta tipiche dell'infanzia, mentre successivamente, quando la consapevolezza di Ethain va sviluppandosi e lei lascia alle spalle la bambina spensierata che era per trasformarsi nella giovane ed energica ragazza che è, il ritmo va serrandosi, diventando quasi concitato nei punti più emotivamente impetuosi della storia, raccontandoci non solo con le parole, ma anche con i toni, le pause, la rapidità o la lentezza le emozioni dei personaggi.
Allo stesso modo, il ritmo viene personalizzato in base al personaggio da cui osserviamo questo mondo. Il ritmo di Geneid è più spigoloso e irritato rispetto a quello di Ethain, volitivo e travolgente; il ritmo di Brigit è più composto e riflessivo, mentre quello di Maeva è poetico e tenero esattamente come lei.

La ricerca e il world building


Il mondo di Nuova Galatia presenta profonde influenze celtiche e questo traspare in modo abbastanza lampante per chi abbia anche un minimo di infarinatura a riguardo, ma non solo, i diversi territori presentano tutta una serie di caratteristiche riconducibili a culture esistenti.
Si vede palesemente la profonda ricerca svolta dall'autrice, così da fornire tridimensionalità e realismo al mondo, e questa è l'ennesima delle cose che ho apprezzato profondamente di questa storia, perché è proprio grazie alle ricerche accurate che il tutto acquisisce coerenza, realismo, rendendo di conseguenza verosimili e tridimensionali anche gli eventi di pura fantasia, che altrimenti sarebbero potuti risultare fratturati dal resto, lasciando una fastidiosa sensazione di elementi raffazzonati tanto per dare epicità al libro.
La costruzione del mondo, con le sue regole, le sue politiche, le sue gestioni sociali ed economiche, risulta molto curata, a riprova del grande lavoro preparatorio alla stesura della storia, segno inequivocabile della passione dell'autrice verso la storia, e del suo profondo rispetto per i lettori.

Conclusioni


Quando lessi (3 volte di fila) il libro anni fa, ne rimasi terribilmente innamorata.
Ora che l'ho riletto la scorsa settimana, confermo l'amore per questo titolo e la stima per l'autrice, che reputo la migliore autrice indipendente che abbia letto fino ad ora.
Consiglio questo volume a chiunque, lettori appassionati e lettori sporadici, amanti del fantasy e persone che preferiscono letture più concrete e "realistiche", perché a questo libro non manca assolutamente il realismo, pur concedendosi piacevoli ali di fantasia, perché pur essendo una lettura di spessore (nel senso lato e letterale del termine) non risulta mai pesante e incoerente e non prende mai il sapore stantio del "già visto".



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