C’era stato un tempo in cui la vita umana riservava speranze.
C’era stato un tempo in cui alle persone era concesso il lusso di sognare.
Quel tempo, però, è terminato centinaia di anni fa.
Ostinatamente aggrappato alla propria arroganza, l'essere umano continuava a sognare nella luce del sole.
Senza vedere.
Senza capire.
Mangiando, bevendo, consumando il mondo un morso alla volta, finché non è rimasto niente.
Il mondo è morto a passo felpato.
La Grande Catastrofe si è infiltrata nei giorni dell’uomo un respiro alla volta.
I primi a morire sono stati i pesci.
Bollivano vivi nel mare che gorgogliava rovente e acido, avvelenato dalla cecità umana.
Poi è arrivato il turno degli uccelli.
Piovevano dal cielo come proiettili.
Mandavano in pezzi i parabrezza delle auto e si riducevano in poltiglie sanguinolente sul selciato.
Il figlio dell'uomo si è limitato a fare un passo più ampio per scansare le loro carcasse. Continuando a fingere che non fosse un suo problema.
Gli esseri umani hanno continuato a illudersi che sarebbe andato tutto bene anche quando i livelli del mare si sono alzati fino a sommergere intere città.
L'umanità si è spaccata, disperdendosi in colossali migrazioni di massa, mentre intere specie animali e vegetali si estinguevano miseramente.
Decine di migliaia di vite sono state spezzate nell'ardua lotta per il cibo che scarseggiava, per l'acqua divenuta più preziosa dell'oro.
Solo quando i cieli sono diventati roventi, trasformando la terra in deserto sterile. Solo quando il freddo ha ricoperto intere nazioni di ghiaccio. Solo quando anche respirare è diventata un'impresa titanica, hanno capito.
Ma era troppo tardi.
Nel profondo della terra, adesso, tutto quel che resta dell’ultima umanità sopravvive trattenendo il respiro.

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