Se avessi saputo che la vita era questa.
Mi sarei uccisa prima.
Buio.
Freddo.
Silenzio.
Profumo di terra bagnata.
L'aria era umida e rarefatta. Faticavo a
respirare.
Cercai di muovermi, ma era troppo stretto.
Ero racchiusa in un bozzolo setoso.
Sciolsi le dita intorpidite che stringevano
una catena dai grani freddi e lisci. Cercai l'accendino nella tasca posteriore
dei miei jeans, ma indossavo qualcosa di diverso. Una lunga gonna. No. Un
vestito.
Io? Con un vestito? Cosa diavolo…
Mi agitai nel poco spazio che avevo. Lo
strato liscio che mi avviluppava si strappò, impigliandosi nei raggi argentei del
mio anello con la rosa dei venti.
Cavai fuori un'imbottitura spugnosa fino a
snudare uno strato rigido. Lo sentivo, levigato sotto le dita. Legno.
In quel preciso istante, ricordai.
La ragazza che si era tagliata le vene.
L'avevo guardata tracciarsi carezze mortali
sui polsi con una lametta scintillante.
L’avevo guardata sorridere al sangue che
scorreva lungo le sue braccia spalancate, formando astratti disegni vermigli
sul tappeto bianco al centro della camera.
L'avevo guardata morire attraverso il riflesso
del gigantesco specchio. Mi ero guardata morire.
Con una lucidità snervante.
Come se vedessi morire un'altra persona.
E in quel momento capii.
Presi ad urlare.
Sepolta viva.
Sepolta viva nella mia stessa tomba.
«Aiuto!»
Colpii le pareti della bara con tutte le
mie forze. Non potevo morire. Non in un modo così orribile.
Come diavolo avevano fatto a seppellirmi
viva?
Come era possibile che nessuno si fosse
accorto che non ero ancora morta? Chi era stato quell’imbecille incompetente?
Sarei venuta fuori e l’avrei fatto a pezzi,
quel fottuto stronzo!
Continuai ad urlare. A colpire. A
dibattermi.
Misi tutta la mia rabbia, la disperazione,
la paura, nei pugni. Misi tutte le mie forze.
Ma rimasi intrappolata.
Per quanto tempo mi agitai instancabile in
quel budello oscuro?
Attimi, ore, forse giorni.
Eoni.
Intere ere.
Fino a farmi sanguinare le mani.
Fino a sentir stridere i muscoli delle
braccia.
Fino a sentirmi riardere la gola.
Fino a sfinirmi, senza respiro.
L'aria, ormai povera di ossigeno, bruciava
nei miei polmoni.
La mente si ottenebrava. Mi sentivo
fluttuare in un luogo sempre più indefinito dentro di me.
Sarei morta.
Risi di me stessa.
Mi ero suicidata, e stavo lottando per
vivere?
L'ironia grottesca della vita, in quel
momento, mi parve addirittura troppo insopportabile.
Strinsi la catena che, ormai era chiaro,
doveva essere un rosario di preghiere. Probabilmente il rosario della mamma.
Era sempre stata così dannatamente
religiosa, mamma.
Eppure sorrisi.
Strinsi il rosario tra le mani e sorrisi.
«Grazie, mamma…» dissi senza voce.
Mi sentii salire le lacrime.
Non avevo scampo.
Sarei morta.
Dovevo arrendermi.
Lo sapevo.
Ma una parte di me non ci riusciva.
Io volevo…
Vivere!
Io volevo vivere. Avevo sempre voluto
vivere! Ma lo capivo troppo tardi.
Mi sentivo così stupida.
Ingoiai l'ultima boccata di vuoto,
consapevole che quella era la fine.
Una lacrima scivolò tra i miei capelli.
Il mondo esplose.
Aria.
Aria fredda. Aria frizzante. Aria carica di
vita.
Inspirai a pieni polmoni.
Vento gelido e pioggia tempestosa mi
travolsero, trascinanti.
Mi sentii sollevare senza sforzo nella
tempesta. Mani roventi mi avevano afferrata e con la leggerezza di una danza mi
strappavano alla sepoltura.
La pioggia mi scrosciava sul viso. Non
riuscivo a tenere gli occhi aperti.
«Va tutto bene, sei fuori, non avere
paura!» esclamò una voce di donna nel mio orecchio, sovrastando il nubifragio.
Fui avvolta rudemente in una coperta,
spinta avanti senza troppe tenerezze. Ma non importava.
Ero fuori. Ero fuori!
Straziami
Cronache del Sangue vol 1
Prologo
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